L’ adolescente sospeso
Ciò che comunemente definiamo “disagio giovanile” e che è sempre più evidentemente sotto gli occhi di tutti, si manifesta sotto svariate forme di “devianza”, rispetto a d una prassi che prevede comportamenti “normali”, in grado cioè di tutelare la salute e il benessere psico-fisico del soggetto in crescita.
Lo scenario sociale che per primo ha dovuto evidenziare tale situazione, è sicuramente quello scolastico. A scuola devono andarci tutti, in un paese democratico, ed è proprio nella scuola di ogni ordine e grado che comportamenti autolesivi, tossicodipendenze, violenza individuale o di gruppo, bullismo recentemente anche femminile, hanno spinto coloro che si occupano di formazione ed istruzione ad interrogarsi sempre più spesso sulla necessità di integrare le proprie risorse con figure specializzate sul territorio, nell’affrontare problematiche di natura psico-pedagogica ed economico-sociale nella richiesta urgente di aiuto ai fini di una risoluzione reale del problema.
Il cosiddetto disagio giovanile è, infatti, strettamente collegato ad un gran numero di variabili, dalle fisiologiche crisi d’identità adolescenziale ai vari modelli culturali che permeano la società fino alle situazioni complesse dipendenti dall’habitat famigliare.
Il disagio giovanile, infatti, può esplodere anche in seguito a cause remote: la gravidanza materna accidentale o calcolata per secondi fini; l’illegittimità nascosta o palese; l’incompatibilità sociale tra coniugi o l'interruzione della carriera dei genitori; la troppo precoce età dei genitori; la tossicodipendenza o l'alcolismo di uno o di entrambi i genitori e la disgregazione familiare, con o senza ricostituzione di un nucleo familiare
Dati recenti forniti dal Ministero di Grazia e Giustizia italiano rilevano che è in crescente aumento, il numero di ragazzi al disotto dei quattordici anni, denunciati all’autorità giudiziaria, mentre l’età di primo contatto e d’uso personale di stupefacenti sì è sensibilmente abbassata, soprattutto per il sesso femminile e lo spaccio di droga è sempre più frequentemente gestito da minorenni.
Il codice di procedura penale minorile si pone quale obiettivo prioritario accanto all'accertamento della verità processuale, il recupero sociale dell'imputato minorenne tale da consentirne la crescita positiva.
Ciò pone il minore al centro di una rete sociale d’interventi che consentano ad una personalità ancora in fase di formazione, di poter recuperare il proprio diritto al reinserimento nella cittadinanza attiva.
La logica è quella della restituzione sociale del minore che si concretizza nella scelta di interventi che non costituiscano una pericolosa recrudescenza della pena che già l’adolescente sopporta con l'ingresso nel circuito giudiziario e gli consentano di riscattarsi attraverso intense attività socializzanti e responsabilizzanti che nel restituirgli dignità e ragion d’essere, consentano alla comunità di riaccoglierlo.
La scuola, circuito dal quale l’adolescente spesso si autosospende, costituisce, al contrario, per molti ragazzi a rischio, l’unica forma tutelata di rete sociale attiva dove sia possibile ritrovare se stessi ed il proprio progetto di vita, in un contesto realmente educativo.
Recenti osservazioni confermano, infatti, che se le leggi sull’obbligo scolastico sono ancora in gran parte disattese, aumentano con percentuali anche notevoli di successo e reinserimento nella scuola statale, le iscrizioni ai corsi integrati tra istituzione scolastica e formazione professionale.
Il problema, ancora una volta, è rintracciabile nel circuito della comunicazione: i giovani, spesso, aspirano a posizioni economiche e sociali privilegiate, anche sull’esempio di falsi idoli creati dai mass media, ma non intendono sostenere i “costi” che pervenire ad esse richiede in termini di studio e sacrificio personale, in quanto gli stessi mezzi di comunicazione di massa inviano segnali negativi in tal senso, offrendo per lo più “miti” di tipo estetico ed edonistico e modelli improntati ad un guadagno facile e non commisurato al reale sforzo produttivo.
Tra spot pubblicitari, cinema di consumo e reality, la ricerca del piacere individuale da perseguire con tutti i mezzi rende obsoleti i valori di solidarietà e collaborazione che una società civile dovrebbe perseguire per primi, pena la propria sopravvivenza in quanto gruppo sociale.
La scuola è disorientata di fronte al fenomeno dell'evasione scolastica e gli insegnanti non sempre hanno competenze tali da poter affrontare i numerosi e delicati problemi giovanili, né è previsto per ogni scuola il sostegno reale e nutrito di specialisti del campo.
La maggior parte degli adolescenti così non ricevono un sufficiente sostegno affettivo e socio-relazionale, né in ambito familiare, né in quello scolastico.
All’aumentare di corsi di laurea in scienze della formazione e dell’educazione, non corrisponde un commisurato impiego di figure specializzate, inserite sistematicamente nelle scuole di ogni ordine e grado dove, spesso, manca anche la più elementare assistenza medica o sanitaria.
Si continua a sopperire con progetti affidati alla buona volontà ed all’intuizione dei singoli docenti finanziando le varie “educazioni” ( educazione alla salute, alla cittadinanza, alla legalità…) come se fossero un corollario e non l’asse portante di qualsiasi percorso formativo.
Un ragazzino che ha dei problemi a casa, in famiglia, con i coetanei, con se stesso e il proprio corpo, non ha la serenità necessaria per affrontare con successo le discipline scolastiche che richiedono impegno, applicazione, concentrazione.
Tornare a leggere nel gran libro della Natura
Anche l’allontanamento del soggetto in crescita dalla “natura” contribuisce al malessere esistenziale: è scientificamente provato il positivo effetto dell’ossigeno, della luce solare, del contatto con animali e piante per gli esseri umani e ciò vale a maggior ragione per bambini ed adolescenti che sono sempre più spesso “alienati”, costretti a vivere “virtualmente” lontani da tutto ciò che è NATURALMENTE reale.
Anche i surrogati affettivi che riempiono il vuoto dei nostri figli: oggetti di pelouche, bambole o macchinine e poi via via oggetti tencologici che “mimano” creature reali, sono il tentativo malriuscito e spesso ancor più devastante di placare il senso di colpa che attanaglia un adulto intelligente e dunque consapevole dell’impossibilità di sostituire con oggetti di qualsiasi forma e natura, il dialogo educativo, soprattutto in un’età critica, come quella adolescenziale. (3-6) D’altronde se nel 1945 fra le cause di morte infantile dominavano ancora le malattie infettive, già a partire dal 1965 come ai giorni nostri, già dal primo anno di vita, la principale causa di morte è rappresentata dagli INCIDENTI domestici o stradali e ancora più drammatica è l’incidenza del suicidio che negli USA, già dal 1978, già precedeva le cause naturali di morte, insieme a incidenti ed omicidio per la classe d’età 15-19 anni.
Non è possibile non interrogarsi sulle cause di un così diffuso e crescente malessere e sulla possibilità della sua relazione oltre che con le fisiologiche crisi d’identità legate alla fragile fase della crescita adolescenziale anche e soprattutto con modelli culturali sociali non in grado di salvaguardare i soggetti più deboli e/o in crescita.
La scuola ha una responsabilità enorme al riguardo. Più ancora della famiglia naturale, la scuola, infatti, rappresenta il cerchio sociale affettivo ed educativo di “diritto” per lo sviluppo equilibrato e l’ integrazione dell'individuo nella società in qualità di cittadino attivo.
Ed è proprio la scuola, non a caso, che segnala la serie ampiamente citata di “campanelli d’allarme” che precedono l’abbandono degli studi e, purtroppo, l’incremento della cosiddetta devianza giovanile: assenze reiterate, ritardi frequenti e spesso mal giustificati, verifiche di profitto con esito negativo, atteggiamenti di insofferenza e/o sfida, fino all’abbandono degli studi, costituiscono una casistica che consente ad osservatori competenti di comprendere come tra il momento dell’ingresso dell’allievo a scuola e quello del suo definitivo rifiuto delle istituzioni, trovino posto spazi preposti alla decisionalità istituzionale inutilizzati dagli attori del processo educativo.[1]